Quello che stiamo vivendo è certamente un tempo di prova, segnato da sofferenza, angoscia e paura. Tuttavia, è anche il tempo di un’occasione unica: restare con noi stessi, guardarci dentro e cambiare visione della vita. Molto dipende da come abitiamo questi giorni di quarantena. Da essa provengono almeno dieci insegnamenti, con i quali possiamo provare a confrontarci.
1. Rimanere a casa
Un primo insegnamento è saper restare a casa. La nostra vita è caratterizzata dalla frenesia, con infiniti impegni da compiere in una giornata, che non ci lasciano spazio per restare a casa e per condividere almeno un piccolo momento con i nostri cari. Oggi ci rendiamo conto che stare insieme ci fa bene, sebbene a volte non sia facile. È bello avere dei momenti per vederci, sentirci, parlarci, dialogare, perdonarci. È bello cioè poterci riappropriare del tempo e gestirlo in modo nuovo: non solo nella fretta per le tante cose da fare, ma santificandolo specialmente nelle relazioni con le persone care.
2. Perdonarsi
Naturalmente, però, stare sempre insieme è anche faticoso. Dobbiamo far fronte ai conflitti che sorgono tra di noi. Tre parole che papa Francesco raccomanda alle famiglie, ci possono fare molto bene: perdono, grazie, permesso. La prima parola ritengo che sia molto importante: “perdono”. Sì, siamo fragili, deboli, sbagliamo, a volte ci offendiamo vicendevolmente, e abbiamo bisogno di perdonare e perdonarci. Abbiamo bisogno di avere verso di noi stessi e verso gli altri la stessa pazienza con cui Dio ci tratta. Tante volte le offese commesse sono piccole, ma se non prestiamo attenzione potranno diventare mostruose. E per il fatto di essere sempre a casa, stressati e impotenti, tali offese possono sembrare più grandi del reale e ci opprimeranno ancora di più.
3. Essere grati
Il secondo atteggiamento lo prendo dalla seconda parola che papa Francesco suggerisce alle famiglie è “grazie”. Un grazie davanti a un piccolo gesto di amore rafforza i nostri rapporti e ci incoraggia per continuare a spenderci per gli altri. Adesso che restiamo a casa occupandoci degli impegni quotidiani per allestire la casa, la tavola, i pasti, ci rendiamo conto che chi fa questi servizi ogni giorno e senza stipendio, è prezioso; questo dovrà portarci ad essere più grati con coloro che faticano ogni giorno per darci il pane quotidiano. Possiamo lamentarci del fatto di essere chiusi in casa, ma tanti nostri fratelli non hanno una casa e dormono sulla strada, oppure vivono sotto una tenda nei campi profughi. Altri devono uscire e andare a lottare di fronte contro un virus maligno, come capita ai medici e agli infermieri, che non possono neanche vedere i loro cari quando rientrano a casa; anche il loro servizio non dobbiamo darlo per scontato, ma essere grati.
4. Rispettare le norme
La terza parola che papa Francesco ricorda alle famiglie è “permesso”, che indica l’atteggiamento di chi rispetta le norme e non si pone con arroganza sopra gli altri. Mi ha colpito la supplica che il personale medico ha rivolto a tutti i cittadini: per favore, vi supplichiamo, aiutateci, non riusciamo a reggere più. E qual è la collaborazione che loro ci chiedono? Restare a casa, cioè evitare i contatti sociali. In verità non è molto e, tuttavia, per far rispettare questa norma i governi hanno dovuto anche adottare misure drastiche come la minaccia di una penale o del carcere. Se non riusciamo a compiere queste norme dovremmo interrogarci sul prevalere dei nostri bisogni egoistici di indifferenza e di individualismo che non ci permettono di vedere aldilà di noi stessi e capire qual è il vero bene, per noi e per gli altri. Se in una famiglia o in una comunità ognuno fa ciò che vuole, senza rispettare le norme, la vita comunitaria diventa caotica e impossibile. Ricordiamo ciò che Gesù afferma nel Vangelo: «Tutto ciò che voi desiderate che gli altri facciano per voi fatelo per loro» (Mt 7,12).
5. Avere cura di noi stessi per poter avere cura degli altri
Un altro insegnamento che ci offre la quarantena è la cura che dobbiamo avere da gli uni verso gli altri, soprattutto verso i più deboli e fragili. Oggi, più che mai, bisogna pensare non in chiave di “io” ma di “noi”. Avere cura di noi stessi non è un atteggiamento egoista, perché nella misura in cui siamo prudenti e cerchiamo di evitare il contagio, eviteremo di essere propagatori e così aiuteremo gli altri.
6. Prendere le dovute distanze
Il fatto di non poter dare la mano, né baciare, né abbracciare e di mantenere le distanze è stata una cosa non facile da accettare. Tuttavia, questa distanza fisica ci fa bene non soltanto per evitare il contagio, ma anche per altre situazioni della vita in cui interagiamo con gli altri. A volte per il fatto di non considerare le dovute distanze fisiche e psicologiche con gli altri siamo diventati un pericolo o abbiamo fatto del male; altre volte, la mancanza di distanza ha generato rapporti di dipendenza affettiva o comunque relazioni ammalate. È necessario saper mettere dei confini chiari nei nostri rapporti interpersonali.
7. Chiuderci in casa ma non in noi stessi
Chiuderci in noi stessi potrebbe essere pericoloso. Il coronavirus è una crisi per il pianeta e anche per ognuno di noi. Questo virus ci spaventa, ci fa sentire deboli, impotenti, paurosi. Al contempo, questa situazione ci chiede di non restare insensibili e indifferenti dinanzi al dolore dei nostri fratelli e alla realtà che ci circonda. Restare a casa non significa isolarsi e chiudersi in se stessi, ma sviluppare l’arte della solidarietà verso il prossimo. Possiamo iniziare a farlo parlando, dialogando ed esprimendo ciò che stiamo vivendo con chi è vicino o con un amico che sentiamo al telefono; allo stesso tempo possiamo renderci rendiamoci disponibili per ascoltare e accogliere gli altri che hanno bisogno, se non delle nostre parole, almeno del nostro ascolto.
8. Non sprecare il tempo
Le nostre agende sono cambiate. Durante la quarantena gli orari possono essere più flessibili. Una tentazione in queste situazioni è quella di andare a letto più tardi e quindi alzarci più tardi e, in generale, fare tutto in ritardo. Non dobbiamo rischiare di trascorrere a vuoto le giornate ma, invece, dovremmo comunque iniziarle bene, mettere ordine in noi stessi e nell’ambiente in cui viviamo. Quando non c’è un agente esterno che ci aiuti ad essere più disciplinati dobbiamo sviluppare di più il senso di responsabilità e la forza di volontà. Possiamo avere molto tempo a disposizione, ma se non ci organizziamo possiamo sprecarlo. C’è tempo per lavorare e riposare, per pregare da soli e accompagnati, per parlare con coloro che ci stanno accanto e anche con coloro che sono lontani, per fare delle attività fisiche e sportive, per leggere un libro e altro ancora. C’è anche tempo per prendere il libro delle sacre Scritture e fare un momento di lectio divina con i nostri cari, pregando per l’umanità intera. Infine c’è anche tempo per dormire bene e avere un sonno ristoratore che ci dia nuove forze e animo più disposto.
9. Avere cura della nostra casa comune
Oggi più che mai in tutto il pianeta ci sentiamo una sola famiglia. In tutti i continenti stiamo condividendo la stessa sofferenza. Ci preoccupiamo gli uni degli altri, senza nemmeno pensare a quale popolo, nazione, credo politico o religione appartenga. Siamo tutti fratelli. L’occasione è propizia per coltivare allora un nuovo senso della fraternità universale.
10. Ricordare che c’è un Dio che mai ci abbandona
Ci ricorda il profeta Isaia: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). È stato detto da alcuni che questa pandemia può una punizione da Dio; ma un Padre misericordioso e vicino al suo popolo non può inviare punizioni e castighi. Forse non siamo stati noi stessi a creare in un modo o altro, questa situazione? Non abbiamo risposte certe, ma abbiamo solo una certezza: Dio non resta distante, seduto sul trono, indifferente alle nostre sofferenze. Egli oggi soffre con noi, piange con noi e cammina in mezzo a noi, ai nostri medici, ricercatori, governanti, lavoratori, famiglie, per darci la forza e la sapienza per fronteggiare questa malattia e uscire da essa con sguardi nuovi e cuori rinnovati.
Juan Manuel Beltran Urrea, psicologo, è Officiale della Congregazione per il Clero